Ritengo necessario mettere in discussione la città e il modello urbano e sociale per contribuire a diffondere una nuova fase di presa di coscienza, utile ad abitare e convivere al meglio, e pretendere di più.
Per questo immagino un’architettura raccontata alle persone, che esce dalle aule universitarie e dagli studi e si rivolge al pubblico vasto per descrivere l’importante valore della comprensione di questa disciplina.
A causa della fase di eccessiva specializzazione del settore, siamo finiti a parlarci addosso attraverso infiniti convegni, mostre e premi, totalmente astratti dalla realtà percepita e dalle necessità delle persone.
Non esiste un racconto comune che leghi la vita quotidiana alla scienza ed all’arte delle costruzioni, gli intellettuali se la menano tra di loro e ciò non giova a migliorare la condizione o a trasferire la conoscenza.
Comunicare i motivi di una scelta progettuale e le sue implicazioni diventa strategico innanzitutto verso i giovani, parlandone nelle scuole, nei bar e nelle piazze. In questo modo si potrebbe creare una coscienza delle potenzialità e delle criticità di un luogo e spingere le persone alla partecipazione delle scelte.
La fase del capitalismo ha generato un immagine univoca, un pensiero unico, che impedisce di creare nuove visioni ed immaginare nuovi modelli. Modelli che superino i limiti di questo sistema legato esclusivamente al profitto fine a se stesso.
Il modello lineare dell’economia: costruisci, vendi e demolisci a fine vita, in un mondo che prevede di raggiungere i 10MLD di persone in questo secolo, non funziona più.
Serve un nuovo modello in grado di ispirare, che superi il modello regolatore dei piani calati dall’alto attraverso norme e regole che saranno già vecchie quando verranno applicate.
Servono valori, sogni e strumenti che aiutino ad oltrepassare i confini ed i limiti dell’immaginario comune.
Una nuova utopia! Reinventare le città insieme, ognuno secondo la propria competenza e sensibilità. Per questo motivo sento la necessità di costruire, recuperare e rinnovare continuamente, per dimostrare che è possibile superare i confini della disciplina e della consuetudine.