Vivere in campagna in questo momento è un lusso. Convivere con la natura che ti protegge e ti supporta, abitare in spazi ampi che regalano tanti tipi di privacy e riducono le difficoltà di una convivenza complicata, avere a disposizione i beni primari, tutto questo ribalta la percezione che fino ad un mese fa si aveva del benessere e delle priorità.
In pochi giorni abbiamo dovuto modificare completamente i nostri comportamenti e le nostre abitudini, avendo paura dei contatti e degli spazi affollati che hanno disegnato i luoghi della nostra vita fino ad ora: ristoranti, palestre, cinema, musei, uffici, hotel, parchi, … ad un tratto tutto questo è diventato pericoloso e ha segnato uno spartiacque con il passato.
Per evitare di farci travolgere da questo senso di ansia dovuta all’incertezza, credo sia utile esercitarsi su quegli aspetti della nostra vita che riteniamo debbano cambiare e quali invece conservare e valorizzare.
L’architettura in questo senso deve riacquistare quella capacità di visione che le è propria e condividerla con altre discipline utili a fornirle gli strumenti per decidere e scegliere quale forma dare al domani.
Rivalutando il rapporto tra la città ed il suo territorio, superandone i conflitti e generando sinergie in grado di avvantaggiare entrambe le parti. Implementando le infrastrutture di comunicazione fisiche e digitali in modo da ottimizzare la vivibilità tutti, in ogni momento e in ogni luogo.
Rivedendo il disegno degli spazi pubblici e privati, valorizzando temi come la salute, il rispetto, la responsabilità e ritrovando così il senso della comunità. Riducendo lo spazio per le auto e donandolo alle persone.
Ripensando l’idea delle grandi strutture monofunzionali (residenziali, commerciali o sanitarie) che seguono logiche di economia di scala e obbligano a inefficienti transumanze lasciando scoperti interi territori, specialmente in momenti come oggi nei quali gli spostamenti sono difficoltosi e pericolosi.
Rivedendo le priorità nel disegno degli ambienti confinati, dando valore all’uso dei materiali sani e delle tecnologie efficienti, in grado di migliorare la qualità della vita e dell’aria, creando spazi flessibili in grado di rispondere a diverse esigenze di privacy, di svago, di condivisione e di relazione con l’esterno.
Questi sono alcuni dei temi che dovranno modificare le agende nel prossimo futuro, sfruttando questi momenti di pausa forzata per immaginare nuovi scenari.
La difesa dell’ambiente, della salute, dei diritti delle persone, seguendo quel senso di responsabilità civile che sta caratterizzando questi momenti, dovranno trovare una sintesi coerente con quelli economici e finanziari, in grado di generare nuovi paradigmi di sviluppo sostenibile e collaborativo.
Purtroppo c’è voluta un’ epidemia per scatenare un tale cambiamento e non dobbiamo farci sfuggire l’opportunità di uscirne migliorati. Non fosse altro per rispetto a chi non ce l’ha fatta e a chi quotidianamente combatte per superarla.