Diffido dell’architettura come oggetto di design, e quindi soggetto alle mode sempre passeggere del gusto.
L’architettura, come la città, ha tempi lunghi e deve essere pensata con quello sguardo. Almeno fino a quando non sarà possibile costruire e distruggere ad impatto zero!
Non significa dover imitare il passato, tantomeno dimenticarsene però.
In Italia, a differenza dei Paesi più giovani, la nostra vita inizia e si sviluppa in rapporto alla storia. Respiriamo e abitiamo luoghi millenari, e impariamo a dialogare in maniera armonica con ciò che ci circonda, sia esso spazio costruito o semplicemente il vuoto che lega le costruzioni, la cosiddetta architettura a “volume zero”.
Mai come in questi decenni la città è stata oggetto di analisi e di riflessioni, una tendenza che non potrà che aumentare dato che nel prossimo futuro dentro alle città vivranno i 2/3 della popolazione umana.
Per questo motivo gli strumenti di analisi e di pianificazione sono in fase di cambiamento, da un modello regolatore ad un modello ispiratore. Lo strumento regolatore e quantitativo non è in grado di reggere la velocità del cambiamento, servono “visioni” in grado di guidare e governare l’evoluzione mediante strumenti più snelli e flessibili ma non per questo meno efficienti. Il “masterplan” ad aesmpio è un modello che opera a livello locale ma secondo linee guida generali.
Potremmo sintetizzare che il Piano Regolatore “regola” ma la Visione “ispira”. La lettura della città e delle sue forme può influenzare i modi di viverla partendo dalla percezione, dalle abitudini, dalle senzazioni, offrendo strumenti nuovi per progettarla come la bellezza e l’armonia.
Per questo motivo non sono sicuro che ricevere acriticamente dei modelli importati e nati in contesti estremamente differenti, sia la strada giusta per evolversi. Ritengo che il dialogo sia fondamentale, in ogni caso, ma nel caso delle nostre città, un maggiore senso di orgoglio e di identità potrebbe aiutare a comunicare le positività del nostro modello.